martedì 15 aprile 2008

Camus, Il mito di Sisifo


Albert Camus, Il mito di Sisifo, Milano, Bompiani, 1997

Gli dei avevano condannato Sisifo a far rotolare senza posa un macigno sino alla cima di una montagna, dalla quale la pietra ricadeva per azione del suo stesso peso. Essi avevano pensato, con una certa ragione, che non esiste punizione più terribile del lavoro inutile e senza speranza.

Se questo mito è tragico, è perchè il suo eroe è cosciente. In che consisterebbe, infatti, la pena, se, ad ogni passo, fosse sostenuto dalla speranza di riuscire?

Sisifo, proletario degli dei, impotente e ribelle, conosce tutta l'estensione della sua miserevole condizone; è a questa che pensa durante la discesa.

In questo sottile momento in cui l'uomo ritorna verso la propria vita, nuovo Sisifo che torna al suo macigno, nella graduale e lenta discesa, contempla la serie di azioni senza legame, che sono divenute il suo destino, da lui stesso creato, riunito sotto lo sguardo della memoria e presto suggellato dalla morte. Così, persuaso dell'origine esclusivamente umana di tutto ciò che è umano, cieco che desidera vedere e che sa che la notte non ha fine, egli è sempre in cammino. Il macigno rotola ancora.


venerdì 4 aprile 2008

Leopardi, Zibaldone

Il cantare che facciamo quando abbiamo paura non è per farci compagnia da noi stessi come comunemente si dice, nè per distrarci puramente, ma per mostrare di dare a intendere a noi stessi di non temere. La quale osservazione potrebbe forse applicarsi a molte cose, e dare origine a parecchi pensieri. E già è manifesto che all’aspetto del male noi cerchiamo d’ingannarci e di credere che non sia tale, o minore che non è, e però cerchiamo chi se ne mostri o ne sia persuaso, e per ultimo grado, per persuaderlo a noi stessi, fingiamo d’esserne già persuasi, operando e discorrendo tra noi come tali. E questo è quello che accade nel caso detto di sopra. [Zibaldone : 43]

Non v’è memoria senza attenzione. [...] Ma vi sono due specie di attenzioni. Una volontaria, ed una involontaria; o piuttosto una spirituale, un’altra materiale. Della prima non si diventa capaci se non coll’assuefazione (e quindi facoltà) di attendere. E perciò gli uomini riflessivi e generalmente gl’ingegni o grandi, o applicati, hanno ordinariamente buona memoria, e si distinguono assai dal comune degli uomini nella facoltà di ricordarsi anche delle minuzie, perchè sono assuefatti ad attendere. Della seconda specie sono quelle attenzioni che derivano da forza e vivacità delle sensazioni, le quali colla loro impressione costringono l’anima ad un’attenzione in certo modo materiale. [Zibaldone : 1733-1734]

Della lettura di un pezzo di vera contemporanea poesia, in versi o prosa (ma più efficace impressione è quella de’ versi), si può, e forse meglio, (anche in questi sì prosaici tempi) dir quello che di un sorriso diceva lo Sterne; che essa aggiunge un filo alla tela brevissima della nostra vita; e ci accresce la vitalità. Ma rarissimi sono oggi i pezzi di questa sorta. (1 Febbraio 1829).