giovedì 25 novembre 2010

La lingua, ancora


Scriveva Paul Celan nel 1958, in un discorso a Brema, in occasione di un premio letterario:

«Raggiungibile, vicina e non perduta in mezzo a tante perdite, una cosa sola: la lingua».

mercoledì 17 novembre 2010

Il brusio della lingua

Roland Barthes, Il brusio della lingua, Einaudi 1988, pp. 79-81;  Le bruissement de la langue, 1984

 
“La parola è irreversibile, questa è la sua fatalità. Ciò che è stato detto non può più essere modificato, se non aumentandolo: correggere vuol dire qui, stranamente, aggiungere. Parlando non posso mai cancellare, sopprimere, annullare; tutto quel che posso fare è dire «annullo, cancello, rettifico» – insomma, ancora parlare. Chiamerò «balbettio» tale singolarissimo annullamento per via di aggiunte.
Il balbettio è un messaggio due volte mancato: da una parte lo si capisce male, ma dall’ altra, con un certo sforzo, lo si capisce comunque; non è veramente né nella lingua né al di fuori di essa: è un rumore del linguaggio paragonabile a quella serie di crepitii con i quali un motore ci segnala di non essere a punto; è proprio questo il senso del perdere colpi, segno sonoro di un tracollo che si profila nel funzionamento dell’oggetto. Il balbettio (del motore o del soggetto) è, in sostanza, una paura: ho paura di dovermi fermare strada facendo.
(...)
 
Il brusio è il rumore di ciò che funziona bene. Ne deriva il seguente paradosso: i1 brusio denota un rumore limite, impossibile, il rumore di ciò che, funzionando alla perfezione, non fa rumore; il brusio è l’evaporazione stessa del rumore: il tenue, il confuso, il tremulo sono percepiti come i segni di un annullamento sonoro.
 (...)
E la lingua, può produrre brusio? In quanto parola, sembrerebbe condannata al balbettio; come scrittura, al silenzio e alla distinzione dei segni: in ogni caso, rimane sempre troppo senso perché il linguaggio giunga a un godimento proprio alla sua materia. Ma quel che è impossibile non è inconcepibile: il brusio della lingua forma un’utopia.
(...)

Mi immagino oggi un po’ alla maniera dei Greci antichi, cosi come li descrisse Hegel: interrogavano, sosteneva, con passione e senza stancarsi il brusio delle fronde, delle sorgenti, dei venti, insomma il fremito della Natura, per trovarvi il disegno di un’intelligenza. Ed io interrogo il fremito del senso ascoltando il brusio del linguaggio – di quel linguaggio che è la mia Natura peculiare di uomo moderno.”

venerdì 5 novembre 2010

Ai naviganti


Luigi Ghirri, Niente di antico sotto il sole

"Anche l'ascolto del bollettino per i naviganti mi fa sempre uno strano 

effetto. Trasmesso giornalmente alla radio, con il suo susseguirsi 

monotono di nodi e forza sei e sette, richiama alla mente, più che 

marosi e avventure in mari inesplorati, la dolce nenia delle onde 

che si adagiano sulla sabbia di qualche spiaggia"