domenica 26 agosto 2007

Cortazar, Istruzioni

J. Cortazár, Istruzioni per caricare l'orologio in Tutte le opere, Milano, Mondadori, 1984.

Laggiù in fondo sta la morte, ma niente paura. Afferra l'orologio con una mano, prendi con due dita la rotellina della corda, falla girare dolcemente. Adesso si apre un altro periodo, gli alberi dispiegano le loro foglie, le barche corrono le loro regate, il tempo come un ventaglio si va empiendo di se stesso, e da esso sgorgano l'aria, le brezze della terra, l'ombra di una donna, il profumo del pane. Che vuoi di più, che vuoi di più? Legalo presto al tuo polso, lascialo battere libero, fa di tutto per imitarlo. La paura arrugginisce le àncore, ciascuna delle cose che si potevano raggiungere e che furono dimenticate sta corrodendo le vene dell'orologio, incancrenendo il freddo sangue dei suoi piccoli rubini. E laggiù in fondo sta la morte, se non corriamo e arriviamo prima e non comprendiamo che non ha più nessuna importanza.

Allá en el fondo está la muerte, pero no tenga miedo. Sujete el reloj con una mano, tome con dos dedos la llave de la cuerda, remóntela suavemente. Ahora se abre otro plazo, los árboles despliegan sus hojas, las barcas corren regatas, el tiempo como un abanico se va llenando de sí mismo y de él brotan el aire, las brisas de la tierra, la sombra de una mujer, el perfume del pan. ¿Qué más quiere, qué más quiere? Átelo pronto a su muñeca, déjelo latir en libertad, imítelo anhelante. El miedo herrumbra las áncoras, cada cosa que pudo alcanzarse y fue olvidada va corroyendo las venas del reloj, gangrenando la fría sangre de sus pequeños rubíes. Y allá en el fondo está la muerte si no corremos y llegamos antes y comprendemos que ya no importa.

sabato 25 agosto 2007

Dylan Thomas, Do not go gentle...

Non andartene docile in quella buona notte,
vecchiaia dovrebbe ardere e infierire
quando cade il giorno;
infuria, infuria contro il morire della luce.

Benchè i saggi infine conoscano che il buio è giusto,
poichè dalle parole loro non diramò alcun conforto,
non se ne vanno docili in quella buona notte.

I buoni che in preda all'ultima onda
splendide proclamarono le loro fioche imprese,
avrebbero potuto danzare in una verde baia,
e infuriano, infuriano contro il morire della luce.

I selvaggi, che il sole a volo presero e cantarono,
tardi apprendono come lo afflissero nella sua via,
non se ne vanno docili in quella buona notte.

Gli austeri, vicini a morte, con cieca vista scorgono
che i ciechi occhi quali meteore potrebbero brillare
ed esser gai; e infuriano
infuriano contro il morire della luce.

E te, padre mio, là sulla triste altura io prego,
maledicimi, feriscimi con le tue fiere lacrime,
non andartene docile in quella buona notte.
Infuria, infuria contro il morire della luce.

Dylan Thomas, Poesie, Torino, Einaudi, 1971, trad. A, Marianni.

http://www.dylanthomas.com/

http://www.bbc.co.uk/wales/dylanthomas/

Ascolta il testo in originale declamato dal poeta:

http://www.poets.org/viewmedia.php/prmMID/15377

lunedì 20 agosto 2007

Lettura di un'onda

La gobba dell'onda venendo avanti s'alza in un punto più che altrove ed è di lì che comincia a rimboccarsi di bianco. Se ciò avviene a una certa distanza da riva, la schiuma ha il tempo dì'avvolgersi su se stessa e scomparire di nuovo come inghiottita e nello stesso momento tornare a invadere tutto, ma stavolta spuntare da sotto, come un tappeto bianco che risale la sponda per accogliere l'onda che arriva. Però, quando ci s'aspetta che l'onda rotoli sul tappeto, ci si accorge che non c'è più l'onda ma solo il tappeto, e anche questo rapidamente scompare, diventa un luccichio d'arena bagnata che si ritira veloce, coem a respingerlo fosse l'espandersi della sabbia asciutta e opaca che avanza il suo confine ondulato.
Italo Calvino, Palomar, Torino, Einaudi, 1983
Approfondimenti:
Mare e filosofia: il mare nei testi e nella riflessione filosofica, dai sapienti greci alla modernità.

venerdì 3 agosto 2007

Canetti, incontri rinviati

Elias Canetti, Il gioco degli occhi, Milano, Adelphi, 1998, trad. G. Forti

Tra le cose essenziali che si preparano dentro di noi ci sono gli incontri rinviati. Può trattarsi di luoghi e di uomini, di quadri come di libri. Vi sono città per le quali provo un'attrazione così forte come se fossi predestinato a trascorrervi una vita intera fin dall'inizio. Con mille astuzie evito di andarvi, e ogni volta che si presenta l'occasione di visitarle e vi rinuncio, sento aumentare a tal segno la loro importanza che si potrebbe quasi pensare che io sono ancora al mondo soltanto per quelle città e che sarei già scomparso da un pezzo se non ci fossero loro che continuano ad aspettarmi.
(...)
Non vorrei nominare i libri ai quali continuo ancora oggi a prepararmi....

mercoledì 1 agosto 2007

Derrida, Demeurer

Jacques Derrida, Sulla parola, Roma, Nottetempo 2004


Demeurer è un verbo francese di un’estrema molteplicità. In origine demeurer significa “rimandare a più tardi”, indica il differito, la dilazione determinata anche in termini di diritto.
La questione del ritardo mi ha sempre occupato e non opporrei il sopravvivere alla morte. Mi è capitato anche di definire il sopravvivere come una possibilità differente o estranea tanto alla morte che alla vita, come un concetto originale. Quello del sopravvivere è un concetto che non deriva da alcunché. Vi è sopravvivenza da che vi è traccia, in altre parole il sopravvivere non è un’alternativa alla morte o alla vita, è un’altra cosa. Non so se sopravvivere sia un imperativo categorico, credo che sia la forma stessa dell’esperienza e del desiderio ineluttabile. Sopravvivere è ineluttabile persino attraverso la morte o attraverso l’esperienza dell’anticipazione della morte, in ogni caso tutto ciò che ha potuto trattenermi attraverso tanti
e tanti testi sulla morte non è mai stato contrario alla vita. Non ho mai potuto pensare il pensiero della morte o l’attenzione alla morte, se non addirittura l’attesa o l’angoscia della morte come altra cosa rispetto all’affermazione della vita. Sono due movimenti per me inseparabili: un’attenzione di ogni istante all’imminenza della morte che non è necessariamente triste, negativa o mortifera ma al contrario, per me, la vita stessa, la più grande intensità di vita.
(p.65-66)

http://www.edizioninottetempo.it/