martedì 24 giugno 2008

Nafisi, Leggere Lolita a Teheran

Azar Nafisi, Leggere Lolita a Teheran, Milano, Adelphi, 2008

"A chi raccontiamo ciò che è accaduto
sulla terra, per chi sistemiamo ovunque
specchi enormi, nella speranza che riflettano
qualcosa e non svanisca? " (C. Milosz)

Quel primo giorno domandai ai mei studenti quale ritenevano fosse il compito della narrativa: in altre parole perchè avremmo dovuto scomodarci a leggerla.
Era un esordio insolito, ma catturò l'attenzione. (...) Scrissi alla lavagna una delle mie citazioni di Adorno preferite: "la più alta forma di moralità è sentirsi degli estranei in casa propria". Spiegai che spesso le grandi opere di fantasia servivano proprio a questo, a farci sentire estranei in casa nostra. La migliore letteratura ci costringe sempre a interrogarci su ciò che tenderemmo a dare per scontato, e mette in discussione tradizioni e credenze che sembravano incrollabili. Invitai i miei studenti a leggere i testi che avrei loro assegnato soffermandosi sempre a riflettere sul modo in cui li scombussolavano, li turbavano, li costringevano a guardare il mondo, come Alice nel paese delle meraviglie, con occhi diversi. (...) "Un romanzo non è un'allegoria" dissi verso la fine della lezione. "E' l'esperienza sensoriale di un altro mondo. Se non entrate in quel mondo, se non trattenete il respiro insieme ai personaggi, se non vi lasciate coinvolgere nel loro destino, non arriverete mai a identificarvi con loro, non arriverete mai al cuore del libro. E' così che si legge un romanzo, come se fosse qualcosa da inalare, da tenere nei polmoni. Dunque, cominciate a respirare. Ricordate solo questo. E' tutto. Potete andare".



lunedì 16 giugno 2008

Kafka, kavka

http://www.mcescher.com/

Eugenio Montale, Verboten, Diario del '72, Tutte le poesie, Milano, Mondadori, 1990

Dicono che nella grammatica di Kafka
manca il futuro. Questa la scoperta
di chi serbò l'incognito e con buone ragioni.
Certo costui teme le conseguenze
flagranti o addirittura conflagranti
del suo colpo di genio. E Kafka stesso,
la sinistra cornacchia, andrebbe al rogo
nell'effigie e nelle opere, d'altronde
largamente invendute.



sabato 7 giugno 2008

Ties- legàmi





Lewis Carroll,
Through the looking glass, 1871


"What a beautiful belt you've got on!"

Alice suddenly remarked. (They had had quite enough of the subject of age, she thought: and, if they really were to take turns in choosing subjects, it was her turn now.)
"At least," she corrected herself on second thoughts, "a beautiful cravat, I should have said -- no, a belt, I mean -- I beg your pardon!" she added in dismay, for Humpty Dumpty looked thoroughly offended, and she began to wish she hadn't chosen that subject.
"If only I knew," she thought to herself, "which was neck and which was waist!"

Evidently Humpty Dumpty was very angry, though he said nothing for a minute or two. When he did speak again, it was in a deep growl.
"It is a -- most -- provoking -- thing," he said at last, "when a person doesn't know a cravat from a belt!"

"I know it's very ignorant of me," Alice said, in so humble a tone that Humpty Dumpty relented.

"It's a cravat, child, and a beautiful one, as you say. It's a present from the White King and Queen. There now!"

"Is it really?" said Alice, quite pleased to find that she had chosen a good subject after all.

"They gave it me," Humpty Dumpty continued thoughtfully as he crossed one knee over the other and clasped his hands round it, "they gave it me -- for an un-birthday present."

lunedì 2 giugno 2008

Lispector: lo splendore del linguaggio

Clarice Lispector, La passione secondo G. H., Milano, Feltrinelli, 1969

Io ho, a mano a mano che designo - ecco lo splendore di avere un linguaggio. Ma ho assai più, a mano a mano che non riesco a designare. La realtà è la materia prima, il linguaggio è il modo in cui ne vado alla ricerca - e in cui non la trovo. Eppure è proprio dal cercare e non trovare che nasce la cosa che non conoscevo, e che all'istante riconosco. Il linguaggio è il mio sforzo umano. Per destino devo andare a cercare e per destino torno a mani vuote. Però- ritorno con l'indicibile. L'indicibile mi potrà essere dato solo attraverso il fallimento del mio linguaggio. E solo quando la costruzione si incrina io ottengo ciò che questa non è riuscita a ottenere. (...) L'insistenza è il nostro sforzo, la rinuncia è il premio. A questo si arriva solamente dopo aver sperimentato il potere di costruire, e nonostante l'aroma del potere, si preferisce la rinuncia. La rinuncia deve essere una scelta. Desistere è la scelta più sacra di una vita. Desistere è l'autentico istante umano. (...) La rinuncia è una rivelazione.