lunedì 29 marzo 2010

Rodari, Un uomo maturo con un orecchio acerbo

 Gianni Rodari, Parole per giocare, Einaudi 1979

Un giorno sul diretto Capranica-Viterbo
vidi salire un uomo con un orecchio acerbo.
Non era tanto giovane, anzi era maturato,
tutto, tranne l'orecchio, che acerbo era restato.
Cambiai subito posto per essergli vicino
e poter osservare il fenomeno per benino.
"Signore, - gli dissi - dunque lei ha una certa età:
di quell'orecchio verde che cosa se ne fa" ?
Rispose gentilmente: " Dica pure che son vecchio.
Di giovane mi è rimasto soltanto quest'orecchio.
E' un orecchio bambino, mi serve per capire
le cose che i grandi non stanno mai a sentire:
ascolto quel che dicono gli alberi, gli uccelli,
le nuvole che passano, i sassi, i ruscelli,
capisco anche i bambini quando dicono cose
che a un orecchio maturo sembrano misteriose."
Così disse il signore con un orecchio acerbo
quel giorno sul diretto Capranica - Viterbo.

domenica 14 marzo 2010

Antonio Prete, tradurre, addii

Antonio Prete, Trattato della lontananza, Bollati, 2008

La prossimità del mare a colui che dice addio sta nella comunanza di uno spaesamento, di una non appartenenza.
Il mare non ha pace. Come le nuvole per lo straniero in cammino. Chi è in cammino cerca somiglianza con ciò che è in movimento, che non consiste.

(...) Tradurre, me ne sarei accorto dopo, è protrarre le parole di un addio. Perchè nella separazione dell'autore, nella lontananza, temporale e geografica e linguistica dell'autore, si ricompone una presenza: la nuova lingua, la lingua del traduttore, accogliendo nella sua casa l'originale, offrendo ad esso un nuovo abito, nuovi suoni, nuovi ritmi, istituisce uno spazio-tempo perchè quella distanza - che è distanza dall'originale- sia compensata, o almeno mitigata.