sabato 30 agosto 2008

Scafuro: pennino da caffè


Vedi anche le forchette-albero e tutti gli altri utensili "viventi" nel sito dello scultore Giovanni Scafuro
http://www.giovanniscafuro.it/ALBERI.htm

Biblioteche

National Library di Dublino


Mr. Bloom arrivò a Kildare street. Prima devo. Biblioteca.
Cappello di paglia al sole. Scarpe gialle. Pantaloni col risvolto. E'. E'.
Il cuore accelerava piano i battiti. A destra. Museo. Deè. Virò a destra.

James Joyce, Ulisse, Milano, Mondadori, 1978, trad. G. Melchiori, cap 9, Scilla e Cariddi - La biblioteca.

venerdì 22 agosto 2008

Pessoa, Isole

Le isole fortunate

Quale voce viene dal suono delle onde

Che non è la voce del mare?

E’ la voce di qualcuno che ci parla

Ma che, se ascoltiamo, tace,

proprio per esserci messi ad ascoltare.

E solo se, mezzo addormentati,

udiamo senza sapere che udiamo,

essa ci parla della speranza

verso la quale, come un bambino

che dorme, dormendo sorridiamo.


Fernando Pessoa, Poesie scelte, Passigli 2006

mercoledì 20 agosto 2008

Yeats, un dublinese

William Butler Yeats, Poesie, Torino, Einaudi 1963, trad. G. Melchiori

That is no country for old men

Quello non è un paese per vecchi. I giovani
L'uno nelle braccia dell’altro, gli uccelli sugli alberi
- Quelle generazioni mortali – intenti al loro canto,
Le cascate ricche di salmoni, i mari gremiti di sgombri,
Pesce, carne, o volatile, per tutta l’estate non fanno che esaltare
Tutto ciò che è generato, che nasce, e che muore.
Presi da quella musica sensuale tutti trascurano
I monumenti dell’intelletto che non invecchia.

II.
Un uomo anziano non è che una cosa miserabile,
Una giacca stracciata su un bastone, a meno che
L’anima non batta le mani e canti, e canti più forte
Per ogni strappo nel suo abito mortale,
Né v’è altra scuola di canto se non lo studio
Dei monumenti della sua magnificenza
E per questo io ho veleggiato sui mari e sono giunto
Alla sacra città di Bisanzio.

III.
O saggi che state nel fuoco sacro di Dio
Come nel mosaico dorato di una parete,
Scendete dal sacro fuoco, discendete in una spirale,
E siate i maestri di canto della mia anima.
Consumate del tutto il mio cuore; malato di desiderio
E legato a un animale mortale,
Non sa quello che è; e accoglietemi
Nell’artificio dell’eternità.

IV.
Una volta fuori dalla natura non assumerò mai più
La mia forma corporea da una qualsiasi cosa naturale,
Ma una forma quale creano gli orefici greci
Di oro battuto e di sfoglia d’oro
Per tener desto un Imperatore sonnolento;
Oppure posato su un ramo dorato a cantare
Ai signori e alle dame di Bisanzio
Di ciò che è passato, o che , o che sarà.



lunedì 4 agosto 2008

Tondelli, Biglietto all'amico

Pier Vittorio Tondelli, Biglietti agli amici, Milano, Bompiani, 2001

OTTAVA ORA DELLA NOTTE

Biglietto numero otto

Vedere il lato bello, accontentarsi del momento migliore, fidarsi di quest'abbraccio e non chiedere altro perchè la sua vita è solo sua e per quanto tu voglia, per quanto ti faccia impazzire non gliela cambierai in tuo favore. Fidarsi del suo abbraccio, della sua pelle contro la tua, questo ti deve essere sufficiente, lo vedrai andare via tante altre volte e poi una volta sarà l'ultima, ma tu dici, stasera, adesso, non è già l'ultima volta? Vedere il lato bello, accontentarsi del momento migliore, fidarsi di quando ti cerca in mezzo alla folla, fidarsi del suo addio, avere più fiducia nel tuo amore che non gli cambierà la vita, ma che non dannerà la tua perchè se tu lo ami, e se soffri e se vai fuori di testa questi sono problemi solo tuoi; fidarsi dei suoi baci, della sua pelle quando sta con la tua pelle, l'amore è niente di più, sei tu che confondi l'amore con la vita.

Divieti...


Apuleio, L'asino d'oro, La favola di Amore e Psiche

Libro sesto
XIX (...) "Ma soprattutto ti raccomando una cosa: non aprire la scatola che porterai con te, non guardare dentro, non essere curiosa, non curarti di quel tesoro di divina bellezza che essa nasconde" (Sed inter omnia hoc observandum praecipue tibi censeo, ne velis aperire vel inspicere illam quam feres pyxidem vel omnino diuinae formonsitatis abditum curiosius thesaurum."

XX Così quella torre provvidenziale assolse il suo profetico incarico e Psiche non indugiò, raggiunse il promontorio del Tenaro, prese con sé le monete e le ciambelle secondo le istruzioni ricevute, discese lungo la strada infernale, oltrepassò senza dir parola l’asinaio zoppo, diede al nocchiero la moneta per il traghetto, fu sorda al desiderio del morto che galleggiava, non si curò delle insidiose preghiere delle tessitrici, placò con la ciambella la rabbia spaventosa del cane e, infine, giunse alla dimora di Proserpina. Qui rifiutò il morbido sedile e il cibo squisito che l’ospite le offerse ma sedette umilmente ai suoi piedi si contentò di un pane scuro, poi riferì l’ambasciata di Venere. E senza indugio prese la scatola, in gran segreto riempita e sigillata, fece tacere le bocche latranti del cane con l’inganno della seconda ciambella, consegnò al nocchiero la moneta che le era rimasta e risalì dall’inferno con passo assai più leggero.
Ma dopo aver rivista e adorata questa candida luce, benché avesse fretta di portare a buon fine il suo mandato, fu assalita da un’imprudente curiosità: "Sono proprio una sciocca" si disse - "porto con me la divina bellezza e non ne prendo nemmeno un pocolino, non foss’altro per piacere di più al mio bellissimo amante" e, detto fatto, aprì la scatola.
( "Ecce" inquit" inepta ego divinae formonsitatis gerula, quae nec tantillum quidem indidem mihi delibo vel sic ili amatori meo formonso placitura")

XXI "Ma dentro non v’era nulla, nessuna bellezza, ma solo del sonno, un letargo di morte che s’impadronì di lei non appena ella sollevò il coperchio e che si diffuse per tutte le sue membra in una pesante nebbia di sopore facendola cadere addormentata proprio dove si trovava, là sul sentiero.
E Psiche giacque immobile nel suo sonno profondo, come morta. (Et iacebat immobilis et nihil aliud quam dormiens cadaver.)

(Il quadro è di Angelika Kauffmann, 1792)