giovedì 16 ottobre 2008

Hrabal, Una solitudine ...

Bohumil Hrabal, Una solitudine troppo rumorosa, Torino, Einaudi, 1991

Già siedo in casa nella penombra, siedo su uno sgabello, la testa mi cade e alla fine tocco me stesso con le labbra bagnate e solo così schiaccio un pisolino. A volte, nella posizione della sedia Thonet, dormo così fin verso la mezzanotte e quando mi sveglio sollevo la testa e ho la gamba dei pantaloni madida di saliva al ginocchio, tanto mi sono raggomitolato e ranniccchiato su me stesso, come un gattino d'inverno, come il legno di una sedia a dondolo, perchè io mi posso permettere quel lusso di essere abbandonato, anche se io abbandonato non sono mai, io sono soltanto solo per poter vivere in una solitudine popolata di pensieri, perchè io sono un po' uno spaccone dell'infinito e dell'eternità e l' Infinito e l'Eternità forse hanno un debole per le persone come me.
(...)
Seduto sulla panchina, sorridevo candidamente, non ricordavo nulla, non vedevo nulla, non udivo nulla, perchè ormai ero forse già nel cuore del Paradiso terrestre.