mercoledì 4 agosto 2010

Gianni Celati, lezione di tenebre


 
Gianni Celati, Sonetti del Badalucco, Feltrinelli 2010

 Prima lezione di tenebre

Solo di tenebre posso dar lezione,
la chiarezza la lascio a chi è più matto;
non l’ebbi da mio padre in dotazione,
che assai poco mi lasciò di fatto.

Il padre affetto da un male al polmone,
cosa lasciò in eredità a Vecchiatto?
La pioggia che lo bagna e decompone,
il freddo che lo gela e rende sfatto,

le ceneri d’una vaga ambizione
di trovare chissà dove un riscatto
dalla mortale umana condizione,
mentre è nella greve gora attratto.

Ma gli lasciò poi anche la tendenza
a viver come tutti d’incoscienza.

Seconda  lezione di tenebre

Di tenebre si tace e chi ne parla
è dal consorzio civile isolato,
perché ogni tizio un po’ civilizzato
deve sempre mostrar con la sua ciarla

che sa dov’è la luce. E trascinato
dai discorsi degli altri  (che poi a farla,
la luce, ci pensan poco) può darla   
come un dato di fatto assicurato.

Dopo di che, ogni furbo che straparla,
con nuovi lumi oscuri come il fato,                              
succhierà soldi al tizio costernato
dal timore del buio che lo tarla.

Vecchiatto non vuol certo aver ragione,
ma rende omaggio al nostro tenebrone.