Giulio Ferroni, Dopo la fine. Sulla condizione postuma della letteratura, Torino, Einaudi, 1996
Nei modi più diversi l'atto dello scrivere ha rinviato a una vita futura, a un agire e persistere "dopo", quando sarebbero per sempre venuti meno il corpo, la mano el a mente dello scriba; e all'inverso nell'atto del leggere si è riconosciuto un guardare da "dopo", un modo di riappropriarsi di tracce fisiche di realtà consumate, di sentire vivo un passato morto.
Il celebre mito del Fedro di Platone sull'invenzione della scrittura (che non a caso è stato al centro dell'acuminata e decentrante riflessione di Jacques Derrida) fa avvertire tutta la contradditorietà di questo essere "postumo" delle parole scritte, rispetto a una concezione della conoscenza e della verità come presenza, trasparenza, memoria viva e animata...