Jacqueline Risset, Le potenze del sonno, Nottetempo, 2010
Qualche volta, dovevamo accompagnare alle serate dell'Associazione mia madre (...)
Mia madre ci veniva con grande piacere. Alcuni argomenti la appassionavano, altri meno. Ma si addormentava sempre. Muovendosi e lavorando fin dal primo mattino nella grande casa e nel vicino collegio, che dirigeva con energia, le sue serate erano invase, a casa o altrove, da ondate di sonno brusco, incontenibile. Quando era con noi al tavolo sparecchiato della cena, dove giocavamo o disegnavamo - mentre lei abbozzava sul suo grande quaderno i nostri ritratti - all'improvviso sulla sedia, chiudeva gli occhi; qualche volta parlava nel sonno.
Con una voce esitante da Pizia, una sera disse questa frase misteriosa: "Domani, a scuola, vi porteranno dei supporti"(...) "Ah, sì, mamma, e per fare cosa?" Lei, sempre con gli occhi chiusi, declamando lentamente: "Per sopportare le persone cattive".(...)
Il sonno, e perfino il sonno di adulto - ma femminile - ci riguardava, ci apparteneva: era una figura dell'infanzia