"Lo intuiva benissimo: per me, non meno che per lei, più del possesso delle cose contava la memoria di esse, la memoria di fronte alla quale ogni possesso, in sè, non può apparire che delusivo, banale, insufficiente".
Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi Contini, parte IV
martedì 31 agosto 2010
venerdì 20 agosto 2010
L'acqua 1
Anne Carson, Antropologia dell’acqua, Riflessioni sulla natura liquida del linguaggio
a cura di Antonella Anedda, Elisa Biagini, Emmanuela Tandello Donzelli Editore, 2010
L’acqua non è una cosa che puoi trattenere. Come gli uomini. Ho provato. Padre, fratello, amante, amici veri, fantasmi affamati e Dio, uno per uno, tutti mi sono scivolati via dalle mani. Forse è così che deve essere quello che gli antropologi chiamano il “rischio medio” dell’incontro con altre culture. Fu un antropologo a spiegarmi cosa fosse il rischio. Sottolineava l’importanza di usare, parlando di queste cose, il termine incontro piuttosto che ad esempio scoperta. Pensala come differenza – disse – tra il credere ciò che vuoi credere e il credere ciò che può essere provato. Ci pensai. Non voglio credere a nulla, dissi. (Ma mentivo). E non ho nulla di dimostrare. (Mentivo ancora). Mi piace soltanto viaggiare nel mondo e fermarmi, osservando cosa c’è sotto il cielo. (Questo è vero).
a cura di Antonella Anedda, Elisa Biagini, Emmanuela Tandello Donzelli Editore, 2010
L’acqua non è una cosa che puoi trattenere. Come gli uomini. Ho provato. Padre, fratello, amante, amici veri, fantasmi affamati e Dio, uno per uno, tutti mi sono scivolati via dalle mani. Forse è così che deve essere quello che gli antropologi chiamano il “rischio medio” dell’incontro con altre culture. Fu un antropologo a spiegarmi cosa fosse il rischio. Sottolineava l’importanza di usare, parlando di queste cose, il termine incontro piuttosto che ad esempio scoperta. Pensala come differenza – disse – tra il credere ciò che vuoi credere e il credere ciò che può essere provato. Ci pensai. Non voglio credere a nulla, dissi. (Ma mentivo). E non ho nulla di dimostrare. (Mentivo ancora). Mi piace soltanto viaggiare nel mondo e fermarmi, osservando cosa c’è sotto il cielo. (Questo è vero).
sabato 14 agosto 2010
mercoledì 4 agosto 2010
Gianni Celati, lezione di tenebre
Gianni Celati, Sonetti del Badalucco, Feltrinelli 2010
Prima lezione di tenebre
Solo di tenebre posso dar lezione,
la chiarezza la lascio a chi è più matto;
non l’ebbi da mio padre in dotazione,
che assai poco mi lasciò di fatto.
Il padre affetto da un male al polmone,
cosa lasciò in eredità a Vecchiatto?
La pioggia che lo bagna e decompone,
il freddo che lo gela e rende sfatto,
le ceneri d’una vaga ambizione
di trovare chissà dove un riscatto
dalla mortale umana condizione,
mentre è nella greve gora attratto.
Ma gli lasciò poi anche la tendenza
a viver come tutti d’incoscienza.
Seconda lezione di tenebre
Di tenebre si tace e chi ne parla
è dal consorzio civile isolato,
perché ogni tizio un po’ civilizzato
deve sempre mostrar con la sua ciarla
che sa dov’è la luce. E trascinato
dai discorsi degli altri (che poi a farla,
la luce, ci pensan poco) può darla
come un dato di fatto assicurato.
Dopo di che, ogni furbo che straparla,
con nuovi lumi oscuri come il fato,
succhierà soldi al tizio costernato
dal timore del buio che lo tarla.
Vecchiatto non vuol certo aver ragione,
ma rende omaggio al nostro tenebrone.
Solo di tenebre posso dar lezione,
la chiarezza la lascio a chi è più matto;
non l’ebbi da mio padre in dotazione,
che assai poco mi lasciò di fatto.
Il padre affetto da un male al polmone,
cosa lasciò in eredità a Vecchiatto?
La pioggia che lo bagna e decompone,
il freddo che lo gela e rende sfatto,
le ceneri d’una vaga ambizione
di trovare chissà dove un riscatto
dalla mortale umana condizione,
mentre è nella greve gora attratto.
Ma gli lasciò poi anche la tendenza
a viver come tutti d’incoscienza.
Seconda lezione di tenebre
Di tenebre si tace e chi ne parla
è dal consorzio civile isolato,
perché ogni tizio un po’ civilizzato
deve sempre mostrar con la sua ciarla
che sa dov’è
dai discorsi degli altri (che poi a farla,
la luce, ci pensan poco) può darla
come un dato di fatto assicurato.
Dopo di che, ogni furbo che straparla,
con nuovi lumi oscuri come il fato,
succhierà soldi al tizio costernato
dal timore del buio che lo tarla.
Vecchiatto non vuol certo aver ragione,
ma rende omaggio al nostro tenebrone.
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