Notturno del poeta che amava la luna
Mi sono stancato della luna, stancato di quell’aria attonita, del ghiaccio azzurro del suo sguardo, dei suoi arrivi e delle sue partenze, del modo in cui avviluppa amanti e solitari sotto le sue ali invisibili, senza saperli distinguere. Mi sono stancato di così tante cose che un tempo mi incantavano, sono stanco di guardare l’ombra delle nuvole passare sull’erba illuminata dal sole, di vedere i cigni che scorrono avanti e indietro sul lago, di scrutare nel buio, sperando di trovare l’immagine di un sé ancora non nato. Lasciamo che la semplicità penetri l’occhio, semplicità come un tavolo su cui non è apparecchiato niente, come un tavolo che ancora non è nemmeno un tavolo.
Nocturne of the Poet Who Loved the Moon
I have grown tired of the moon, tired of its look of astonishment, the blue ice of its gaze, its arrivals and departures, of the way it gathers lovers and loners under its invisible wings, failing to distinguish between them.
I have grown tired of so much that used to entrance me, tired of watching cloud shadows pass over sunlit grass, of seeing swans glide back and forth across the lake, of peering into the dark, hoping to find an image of a self as yet unborn. Let plainness enter the eye, plainness like a table on which nothing is set, like a table that is not yet even a table.
(Traduzione di Damiano Abeni, dalla raccolta Quasi invisibile, Mondadori 2014)
I have grown tired of so much that used to entrance me, tired of watching cloud shadows pass over sunlit grass, of seeing swans glide back and forth across the lake, of peering into the dark, hoping to find an image of a self as yet unborn. Let plainness enter the eye, plainness like a table on which nothing is set, like a table that is not yet even a table.
(Traduzione di Damiano Abeni, dalla raccolta Quasi invisibile, Mondadori 2014)