lunedì 16 luglio 2007

Un altro castello

Italo Calvino, Il castello dei destini incrociati, Torino, Einaudi, 1973

In mezzo a un fitto bosco, un castello dava rifugio a quanti la notte aveva sorpreso in viaggio: cavalieri e dame, cortei reali e semplici viandanti.
Passai per un ponte levatoio sconnesso, smontai di sella in una corte buia, stallieri silenziosi presero in consegna il mio cavallo.
Ero senza fiato; le gambe mi reggevano appena; da quando ero entrato nel bosco tali erano state le prove che mi erano occorse, gli incontri, le apparizioni, i duelli, che non riuscivo a ridare un ordine nè ai movimenti nè ai pensieri.
Salii una scalinata; mi trovai in una sala alta e spaziosa: molte persone - certamente anch'essi ospiti di passaggio , che m'avevano preceduto per le vie della foresta - sedevano a cena attorono a un desco illuminato da candelieri.
(...)
Uno dei commensali tirò a sè le carte sparse, lasciando sgombra una larga parte del tavolo; ma non le radunò in mazzo nè le mescolò; prese una carta e la posò davanti a sè. Tutti notammo la somiglianza tra il suo viso e quello della figura, e ci parve di capire che con quella carta egli voleva dire "io" e che s'accingeva a raccontare la sua storia.
(...)
Certamente anche la mia storia è contenuta in questo intreccio di carte, passato presente futuro, ma io non so più distinguerla dalle altre. La foresta, il castello, i tarocchi m'hanno portato a questo traguardo: a perdere la mia storia, a confonderla nel pulviscolo delle storie, a liberarmene.

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