lunedì 21 gennaio 2008

Anna Maria Ortese, Corpo celeste

Anna Maria Ortese, Corpo Celeste, Milano, Adelphi, 1997

Scrivere è cercare la calma, e qualche volta trovarla. E tornare a casa: Lo stesso che leggere. Chi scrive o legge realmente, cioè solo per sè, rientra a casa, sta bene. Chi non scrive o non legge mai, o solo su comando - per ragioni pratiche - è sempre fuori casa, anche se ne ha molte. E' un povero, e rende la vita più povera.
(...)
E per tornare al che cosa, dunque, mi aiutava, e mi ha aiutato un po' in tutta la vita, devo rifarmi a questa sensazione interiore, poco dicibile, della vita come chiamata, per tutti, scelta non nostra, come particolare e obbedienza a un disegno che necessita di quel particolare. Il particolare può essere minimo, quasi invisibile; invisibile, anzi, nella sua insignificanza. Ma il disegno è eccelso. Il particolare - la pietrina del mosaico - lo sente, qualche volta; e allora si calma, accetta il suo posto.
(...)
La libertà è un respiro. Ma tutto il mondo respira, non solo l'uomo. Respirano le piante, gli animali. C'è ritmo (che è respiro) non solo per l'uomo. Le stagioni, il giorno, la notte sono respiro.



domenica 13 gennaio 2008

Ellen Bass, Eating the Bones

Eating The Bones
by Ellen Bass



The women in my family
strip the succulent
flesh from broiled chicken,
scrape the drumstick clean;
bite off the cartilage chew the gristle,
crush the porous swellings
at the ends of each slender baton.
With strong molars
they split the tibia, sucking out
the dense marrow.
They use up love, they swallow
every dark grain,
so at the end there's nothing left,
a scant pile of splinters
on the empty white plate.


From The Human Line by Ellen Bass. Copyright © 2007 by Ellen Bass. Reprinted by permission of Copper Canyon Press.

http://www.poets.org/


http://www.webster.it/book_usa-human_line_ellen_bass_copper-9781556592553.htm


Ellen Bass Reads "Bone of My Bone and Flesh of My Flesh":

http://it.youtube.com/watch?v=YH_BXr5oCKE&feature=related

www.alleo.it/alleo_old/POETRY/ellenbass.pdf

giovedì 10 gennaio 2008

Perec, Per le scale

Georges Perec, La vita istruzioni per l’uso, Milano, Rizzoli 1995

Sì, tutto potrebbe iniziare così, qui, in questo modo, una maniera un po' pesante e lenta, nel luogo neutro che appartiene a tutti e a nessuno, dove la gente s'incontra quasi senza vedersi, in cui la vita dell'edificio si ripercuote, lontana e regolare. Di quello che succede dietro le pesanti porte degli appartamenti, spesso se non sempre si avvertono solo quegli echi esplosi, quei brani, quei brandelli, quegli schizzi, quegli abbozzi, quegl’'incidenti-o accidenti che si svolgono in quelle che si chiamano le parti comuni, i piccoli rumori felpati che la passatoia di lana rossa attutisce, gli embrioni di vita comunitaria che sempre si fermano sul pianerottolo.

(…)

Tutto quello che passa infatti passa per le scale, tutto quello che arriva,arriva dalle scale, lettere, partecipazioni, i mobili che gli uomini dei traslochi portano o portano via, il dottore chiamato d'urgenza, il viaggiatore che torna da un lungo viaggio.

martedì 1 gennaio 2008

Marguerite Duras, Scrivere

Marguerite Duras, Scrivere, Milano, Feltrinelli 1994, trad. L. Caruso Prato

E’ curioso uno scrittore. E’ una contraddizione e anche un nonsenso. Scrivere è anche non parlare. E’ tacere, è urlare senza rumore. E’ riposante uno scrittore, ascolta di continuo. Non parla molto perché è impossibile parlare a qualcuno di un libro che si è scritto e soprattutto di un libro che si sta scrivendo. E’ impossibile, è il contrario del cinema, del teatro e di altri spettacoli, è il contrario di ogni lettura. E’ la cosa più difficile di tutte, la peggiore. Perché un libro è l’ignoto, è il buio, è chiuso. Il libro avanza, cresce, va nelle direzioni che crediamo di aver esplorato, avanza verso il suo destino e quello dell’autore, annientato dalla sua pubblicazione: il distacco da lui, il libro sognato, come il bambino più piccolo, sempre il più amato.

Un libro aperto è anche la notte.

Non so perché le parole che ho appena detto mi fanno piangere.

Scrivere comunque, nonostante la disperazione. No: con la disperazione. Quale disperazione, non so darle un nome. Scrivere senza imboccare subito la via che porta allo scritto è pur sempre lavorarlo. E tuttavia si deve accettare questo: lavorare lo “scarto” significa tornare indietro verso un altro libro, verso un altro possibile di questo libro.