domenica 19 dicembre 2010

Vargas Llosa,, discorso dal Nobel

(...) Dalla caverna ai grattacieli, dalla garrota alle armi di distruzione di massa, dalla vita tautologica della tribù all’era della globalizzazione, le finzioni della letteratura hanno moltiplicato le esperienze umane, impedendo che noi uomini e donne soccombessimo al letargo, all’indifferenza, alla rassegnazione. 
Niente ha seminato tanto l’inquietudine, smosso tanto l’immaginazione e i desideri, come questa vita di invenzioni, che aggiungiamo a quella che abbiamo grazie alla letteratura, per essere protagonisti delle grandi avventure, delle grandi passioni che la vita vera non ci darà mai. Le invenzioni della letteratura diventano verità attraverso di noi, i lettori trasformati, contaminati dai desideri e, per colpa della finzione, in permanente contraddizione con la mediocre realtà. 
Stregoneria che, mentre ci illudiamo di avere quello che non abbiamo, essere quello che non siamo, accedere a questa impossibile esistenza in cui, come dei pagani, ci sentiamo terreni ed eterni allo stesso tempo, la letteratura introduce nei nostri spiriti l’anticonformismo e la ribellione, che sono dietro tutte le imprese che hanno contribuito a diminuire la violenza nelle relazioni umane. A diminuire la violenza, non a sconfiggerla. 
Perché la nostra sarà sempre, per fortuna, una storia inconclusa. Per questo dobbiamo continuare sognando, leggendo e scrivendo, il modo più efficace che abbiamo trovato per alleviare la nostra condizione mortale, per sconfiggere il tarlo del tempo e per trasformare in possibile l’impossibile.

Christine Busta

Muttersprache 


Nicht, was die Mutter sagt, 
beruhigt und tröstet die Kinder. 
Sie verstehen’s zunächst noch gar nicht. 

Wie sie es sagt, der Tonfall, der Rhythmus, 
die Monotonie der Liebe 
in den wechselnden Lauten 
öffnet die Sinne dem Sinn der Worte, 
bringt uns ein in die Muttersprache. 

Ein Gleiches 
geschieht auch 
im Gedicht.

 
 Madrelingua

Non quel che la mamma dice
quieta e consola i bimbi.
A tutta prima neanche lo capiscono. 

Come lo dice,
il timbro, il ritmo,
la monotonia dell'amore
nei suoi monotoni suoni
schiude i sensi al senso delle parole, 
introduce alla linguamadre. 

Un che d'analogo
avviene anche
con la poesia.

 La bibliotecaria poetessa: Christine Busta   (poetessa austriaca)

giovedì 16 dicembre 2010

Gabriel Pacheco (Mexico)



el abismo,

(dice alguien: un espejo negro)
y de él
(del tintero)
un conejo dice:

Alicia, Alicia...


("el mundo existe porque existe el libro")



http://gabriel-pacheco.blogspot.com/

mercoledì 15 dicembre 2010

Antonia Pozzi

Poesia che mi guardi


"È il 2 dicembre 1938, Milano. Una giovane donna esce di casa presto, come fa tutte le mattine, per andare a insegnare. Ma se ne va dalla scuola in anticipo, due ore prima del previsto.

(...)

 http://bibliogarlasco.blogspot.com/2010/12/poesia-che-mi-guardi.html

domenica 12 dicembre 2010

Il respiro 2

 Antonia Pozzi, - Parole, a cura di A. Cenni e O. Dino, 2^ ed. ampliata (289 poesie, compresi 2 frammenti), Garzanti, Milano, in  www.antoniapozzi.it


Respiro

Abbandono notturno
sul masso
al limite della pineta
e il tuo strumento fanciullesco
lentamente
a dire
che una stella
due stelle
sono nate
dal grembo del nevaio
ed un’altra sprofonda
dove la roccia è nera -

ed un lume va solo
sul ciglio del ghiacciaio
più grande di una stella
più fioco -
forse la lampada di un pastore -
la lampada di un uomo vivo
sul monte -
colloquio intraducibile
del tuo strumento
col lume dell’uomo vivo -

ascesa inesorabile dell’anima
di là dal sonno -
di là dal nero informe
stupore delle cose -

abbandono notturno
sul masso
al limite della pineta -

Breil (Pasturo), 13 agosto 1933 




Ora la poesia integrale di Antonia Pozzi edita da Sossella con dvd

http://www.lucasossellaeditore.it/Catalogo/Mente/Poesia-che-mi-guardi

giovedì 9 dicembre 2010

Il respiro

 Ingeborg Bachmann, "Il gioco è finito", Invocazione all'Orsa Maggiore, Edizione SE, trad. L. Reitani

Mio caro fratello, quando costruiremo una zattera
per scendere giù lungo il cielo?
Mio caro fratello, presto sarà il carico immenso
e noi affonderemo.

Mio caro fratello, sul foglio tracciamo
molti paesi e binari.
Sta attento, su quelle linee nere
con le mine potresti saltare.

Mio caro fratello, poi voglio gridare
legata stretta al palo.
Ma tu già cavalchi dalla valle dei morti
e insieme fuggiamo.

Desti nel campo di zingari e desti in tenda nel deserto
scorre sabbia dai nostri capelli,
la tua, la mia età e l'età della terra
non si misura con gli anni

Non lasciarti ingannare dall'astuzia dei corvi,
da una zampa vischiosa di ragno, dalla penna nel rovo,
nel paese della cuccagna non mangiare e non bere,
schiuma apprenza da padelle e bicchieri

Solo chi al ponte d'oro, per la fata rubino,
la parola sa ancora, ha vinto.
Devo dirti che con l'ultima neve
si è sciolta nel giardino.

Han piaghe i nostri piedi per molte e molte pietre.
Uno è sano. Con lui salteremo,
finchè il re dei fanciulli con in bocca la chiave del regno
non ci prenderà con sé e noi canteremo:

E' una bella stagione, quando il dattero è in fiore!
Chi cade ha le ali.
Purpurea digitale orla il sudario dei poveri,
e il tuo tesoro sul mio sigillo come foglia cala.

Si va a dormire, caro, il gioco è finito.
In punta di piedi. Si gonfiano le camicie bianche,
Papà e mamma dicono che ci sono i fantasmi
quando scambiamo il respiro.