venerdì 21 dicembre 2007

Libro sospeso

Francesco Forlani, A gamba tesa, in Nazione Indiana, 21 Dic 2007

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A Napoli il caffè sospeso è una tradizione che viene da molto lontano. Chiunque ne avesse avuto voglia pagava oltre al proprio caffè anche un altro, lasciandolo a disposizione, appunto “sospeso” per chi non avesse di che permetterselo.
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Edmond Jabes scriveva che lo straniero, non è “là fuori”, rassicurante estraneità; rassicurante perché sappiamo come possiamo difenderci da essa. E’ qui dentro - ci abita sapeva benissimo le implicazioni contenute in una riflessione del genere. Nessuna cultura dell’ identità sarebbe stata possibile nè tanto meno augurabile. A meno di non essere dissociati mentali.
L’esperienza dell’estraneità - étran-Je (estran-io) diceva Jabes, inoltre comporta necessariamente una cultura dell’ospitalità. Senza ospitalità del resto non ci sarebbero stranieri. Gli psicopati dell’identità infatti li avrebbero espulsi appena toccato il suolo.
I libri ci ospitano. Di un’ospitalità che è soprattutto dono. Il lettore ha lo statuto del viaggiatore ed ecco perchè in ogni libro, perfino in una poesia, c’è come una scatola nera (black box), un episodio, un’atmosfera, un verso che traccia l’esperienza del volo, ne registra ogni traccia.Che seppure andasse distrutto quel libro, un’unica frase, un frammento ne permetterebbe la sopravvivenza. Del resto molti capolavori del passato nonostante fossero stati massacrati da traduzioni ai limiti dell’infamia riuscirono a giungere al lettore. A passare il confine.
Come per il caffè bisognerebbe immaginare dei libri sospesi. Un libro che abbia il sapore di un gesto antico di un dono.
Come quando la madre dell’amica che mi ospitava a Roma, ignara della mia presenza senza chiedermi chi fossi mi ha riscaldato l’anima con un caffé.

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