Raymond Queneau, Les fleurs bleues, 1965, I fiori blu, Torino, Einaudi, 1967, trad. I. Calvino.
Il venticinque settembre milleduecentosessantaquattro, sul far del giorno, il Duca d'Auge salì in cima al torrione del suo castello per considerare un momentino la situazione storica. La trovò poco chiara.
(...)
-Ah, mio buon Demò - disse il Duca D'Auge con voce lamentosa - quanta tristezza, quanta malinconia m'opprimono!
-Sempre la storia? - domandò Sten.
-Non c'è gaudio che in me lei non dissecchi, - rispose il Duca.
-Coraggio! Vossignoria si metta in sella, e andiamo a spasso!
-La mia intenzione era ben questa, e altra ancora.
-Qual mai?
-Andar via per qualche giorno.
- Così sì che mi piace! Dove vuole che la porti, signoria?
-Lontano! Qui il fango è fatto dei nostri fiori.
-...dei nostri fiori blu, lo so.
(...)
Fu allora che si mise a piovere. Piovve per giorni e giorni. C'era tanta nebbia che non si poteva sapere se la chiatta andava avanti o indietro o se restava ferma. Finì per arenarsi in cima ad una torre. I passeggeri sbarcarono, Sten e Stef con qualche sforzo; s'erano ridotti magri e fiacchi da non poterne più, poverini. All'indomani le acque si erano ritirate nei letti e ricettacoli consueti e il sole era già alto sull'orizzonte, quando il Duca si svegliò. Si avvicinò ai merli per considerare la situazione storica. Uno strato di fango ricopriva ancora la terra, ma qua e là piccoli fiori blu stavano già sbocciando.
Sta' attento con le storie inventate. Rivelano cosa c'è sotto.
Tal quale come i sogni.
Le copertine dei libri di Queneau in Tecalibri