Franco Fortini, Dare forma all'esistenza, in Un giorno o l'altro, Quodlibet, Macerata, 2006
Dare forma alla esistenza significa assumere quel potere sulla materia vitale che è pedagogia quindi educazione, direzione, finalità. Nelle società di classe quel potere è privilegio: lo si possiede nella misura in cui altri ne è spossessato. Sapere che cosa si farà domani, volere un adempimento, esercitare le virtù dianoetiche, progettare, scegliersi il lavoro, la causa, la morte: tutto questo è nella storia ottenuto mediante la distruzione anzi la dissoluzione delle forme che la classe dominata si tramandava come sua cultura. Le culture subalterne sono colpite di inessenzialità e divengono derisorie anzitutto ai margini, sulle frange contigue alle forme e ai valori delle classi superiori. L'uomo subalterno è un colonizzato, vive fra le ombre di forme inutili. Esiste senza limite; sarebbe una semplice intenzione se non si portasse i residui delle forme morenti e se – soprattutto – quei residui, «rigenerati», non gli venissero continuamente proposti dalla classe dirigente. Naturalmente la forma del privilegio è autentica in quanto è del privilegio mentre è inautentica in quanto può essere solo per sottrazione di autenticità ad altri, per reificazione degli altri. La sostanza umana degli altri diventa la materia prima della vita privilegiata. La necessità non diventa coscienza, i progetti impossibili, la passività lasciano come colare una lava di esistenza con cui il privilegiato risparmia la propria. Nella società contemporanea, il partecipe del privilegio nuota, alla lettera, nella semenza umana e se ne ricava le forme, i modelli...