Walter Morgenthaler, Arte e follia in Adolf Wolfli,
Padova: Alet edizioni 2007
Dal profilo della casa editrice Alet
Bersagliato da una sorte avversa che lo volle orfano e bracciante in età giovanissima, protagonista di atti di violenza più autodistruttiva che distruttiva, rinchiuso per trentacinque anni in manicomio, Adolf Wölfli (1864-1930) si rifugiò in un mondo fantastico e delirante di cui è testimonianza una sterminata produzione figurativa. E tuttavia noi non sapremmo nulla di quel mondo se in manicomio, per uno di quegli incroci che non è esagerato dire fatali, Wolfli non avesse incontrato Walter Morgenthaler (1882-1965), lo psichiatra che lo incoraggiò e che ne fece l’oggetto di uno studio pionieristico. Per la prima volta, infatti, l’opera di un malato mentale veniva considerata non solo come sintomo ma anche come autentica forma d’arte. E il fascino del saggio di Morgenthaler è proprio qui, nella sensibilità di un approccio estetico che rinvia continuamente alla domanda fondamentale, se cioè l’arte di Wölfli fosse la diretta espressione della sua malattia, o viceversa il linguaggio dell’ordine contro il disordine mentale.
Qualunque risposta si voglia dare al dilemma, l’opera di Wölfli – ampiamente documentata dalle tavole di questa edizione – ci stupisce per la sua bellezza, per la dialettica fra l’ossessiva ripetitività delle forme e la loro infinita variazione, per il contrasto fra ingenuità e raffinatezza, per la sua straordinaria modernità: una modernità che, come rileva Michele Mari nella sua introduzione, fa di Wolfli il misconosciuto precursore di artisti come Apollinaire, Man Ray, Warhol.
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