martedì 8 maggio 2007

Claudio Magris, Essere già stati

in Nadine Gordimer, Storie, Milano: Feltrinelli, 2005

E così Jerry è morto, pazienza, non è questo il guaio, né per lui né per nessuno, neanche per me che l'ho amato e dunque l'amo, perché l'amore non si coniuga - diomio, in quel senso sì, certo, ci mancherebbe altro, però l'amore ha la sua grammatica e non conosce tempi ma solo modi verbali, anzi uno solo, l'infinito presente, quando si ama è per sempre e via tutto il resto. Qualsiasi amore, di qualsiasi tipo. Non è vero che ti passa, niente ti passa, e proprio questo è spesso una bella disgrazia, ma te la porti dietro con te, come la vita, che anche quella non è che sia proprio una fortuna, solo che l'amore passa ancora meno che la vita, è là, come la luce delle stelle, chi se ne frega se sono vive o morte, splendono punto e basta e anche di giorno non le vedi ma sai che ci sono.
(...)
Ah, la modestia, la leggerezza di essere stati, quello spazio incerto e cedevole dove tutto è lieve come una piuma, contro la presunzione, il peso, lo squallore, lo sgomento di essere! Per carità, non parlo di nessun passato e tantomeno di nostalgia, che è stupida e fa male, come dice la parola, nostalgia, dolore del ritorno. Il passato è orrendo, noi siamo barbari e cattivi, ma i nostri nonni e bisnonni erano selvaggi ancor più feroci. Non vorrei certo essere, vivere alla loro epoca. No, dico che vorrei essere sempre già stato, esonerato dal servizio militare di esistere.
(...)
Essere fa male, non dà tregua. Fa' questo, fa' quest'altro, lavora, lotta, vinci, innamorati, sii felice, devi essere felice, vivere è questo dovere di essere felici, se no che vergogna. Sì, ce la metti tutta per obbedire, per essere bravo e buono e felice come è il tuo dovere, ma come si fa?, le cose ti cascano addosso, l'amore ti piomba sulla testa come un cornicione dal tetto, una brutta botta o peggio, cammini rasente ai muri per scansare quelle automobili impazzite ma i muri sono sbrecciati, pietre aguzze e vetri che ti scorticano e ti fanno sanguinare, sei a letto con qualcuno e per un attimo capisci cosa potrebbe e dovrebbe essere la vita vera ed è uno schianto insostenibile - raccogliere i vestiti buttati a terra, rivestirsi, via, uscire, per fortuna lì vicino c'è un bar, che buona cosa un caffè o una birra.
(...)
Ogni epilogo è felice, perché è un epilogo. Vai sul balcone, un po' di vento passa tra i gerani e le viole del pensiero, una goccia di pioggia scivola sul viso, se piove più forte ti piace ascoltare il tambureggiare dei goccioloni sulla tenda, quando cessa vai a fare due passi, scambi qualche parola col vicino che incontri sulle scale, né a lui né a te importa cosa dite ma è piacevole intrattenersi un momento e dalla finestra del pianerottolo vedi laggiù, in fondo, una striscia di mare che il sole, uscito dalle nuvole, accende come una lama. "La settimana prossima andiamo a Firenze," dice il vicino. "Ah sì, bello, ci sono già stato."

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