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"LE CITAZIONI SONO PREDONI ARMATI CHE BALZANO FUORI D'IMPROVVISO PER DERUBARE IL PASSANTE DELLE SUE CONVINZIONI" W. BENJAMIN
Vittorio Sereni, Frammenti di una sconfitta- Diario bolognese, Milano, Scheiwiller, 1957
Io non so come sempre
un disperato murmure m’opprima
nell’aria del tuo mezzogiorno
tanto diffusa ai colli dentro il sole
tanto quaggiù gremita e fumicosa.
E non è fiore in te che non m’esprima
il male che presto lo morde,
non per finestra musica s’inoltra
che amara non ricada sull’estate.
Invano sotto San Luca ogni strada
voluttuosa rallenta, alla tua gioia
sono cieco ed inerme.
E l’ombra dorata trabocca nel rogo serale,
l’amore sui volti s’imbestia,
fugge oltre i borghi il tempo irreparabile
della nostra viltà.
Quale voce viene dal suono delle onde
Che non è la voce del mare?
E’ la voce di qualcuno che ci parla
Ma che, se ascoltiamo, tace,
proprio per esserci messi ad ascoltare.
E solo se, mezzo addormentati,
udiamo senza sapere che udiamo,
essa ci parla della speranza
verso la quale, come un bambino
che dorme, dormendo sorridiamo.
Fernando Pessoa, Poesie scelte, Passigli 2006
That is no country for old men
Quello non è un paese per vecchi. I giovani
L'uno nelle braccia dell’altro, gli uccelli sugli alberi
- Quelle generazioni mortali – intenti al loro canto,
Le cascate ricche di salmoni, i mari gremiti di sgombri,
Pesce, carne, o volatile, per tutta l’estate non fanno che esaltare
Tutto ciò che è generato, che nasce, e che muore.
Presi da quella musica sensuale tutti trascurano
I monumenti dell’intelletto che non invecchia.
II.
Un uomo anziano non è che una cosa miserabile,
Una giacca stracciata su un bastone, a meno che
L’anima non batta le mani e canti, e canti più forte
Per ogni strappo nel suo abito mortale,
Né v’è altra scuola di canto se non lo studio
Dei monumenti della sua magnificenza
E per questo io ho veleggiato sui mari e sono giunto
Alla sacra città di Bisanzio.
III.
O saggi che state nel fuoco sacro di Dio
Come nel mosaico dorato di una parete,
Scendete dal sacro fuoco, discendete in una spirale,
E siate i maestri di canto della mia anima.
Consumate del tutto il mio cuore; malato di desiderio
E legato a un animale mortale,
Non sa quello che è; e accoglietemi
Nell’artificio dell’eternità.
IV.
Una volta fuori dalla natura non assumerò mai più
La mia forma corporea da una qualsiasi cosa naturale,
Ma una forma quale creano gli orefici greci
Di oro battuto e di sfoglia d’oro
Per tener desto un Imperatore sonnolento;
Oppure posato su un ramo dorato a cantare
Ai signori e alle dame di Bisanzio
Di ciò che è passato, o che , o che sarà.
XX Così quella torre provvidenziale assolse il suo profetico incarico e Psiche non indugiò, raggiunse il promontorio del Tenaro, prese con sé le monete e le ciambelle secondo le istruzioni ricevute, discese lungo la strada infernale, oltrepassò senza dir parola l’asinaio zoppo, diede al nocchiero la moneta per il traghetto, fu sorda al desiderio del morto che galleggiava, non si curò delle insidiose preghiere delle tessitrici, placò con la ciambella la rabbia spaventosa del cane e, infine, giunse alla dimora di Proserpina. Qui rifiutò il morbido sedile e il cibo squisito che l’ospite le offerse ma sedette umilmente ai suoi piedi si contentò di un pane scuro, poi riferì l’ambasciata di Venere. E senza indugio prese la scatola, in gran segreto riempita e sigillata, fece tacere le bocche latranti del cane con l’inganno della seconda ciambella, consegnò al nocchiero la moneta che le era rimasta e risalì dall’inferno con passo assai più leggero.
Ma dopo aver rivista e adorata questa candida luce, benché avesse fretta di portare a buon fine il suo mandato, fu assalita da un’imprudente curiosità: "Sono proprio una sciocca" si disse - "porto con me la divina bellezza e non ne prendo nemmeno un pocolino, non foss’altro per piacere di più al mio bellissimo amante" e, detto fatto, aprì la scatola.
( "Ecce" inquit" inepta ego divinae formonsitatis gerula, quae nec tantillum quidem indidem mihi delibo vel sic ili amatori meo formonso placitura")
Da me la sola passione
puoi imparare.
Dal mondo impara
tutto l'arco del sole
e lo splendore,
la grandezza dei gesti
in che consiste crescere,
finire.
Impara dalle madri
il silenzio provvido.
Gentile,
dalle tombe la morte,
e dal morire d'ogni giorno
l'esame impara a svolgere.
Medita quando l'ombra
ti cade d'ogni sera
sulla fronte:
è passato, mio amore,
un altro giorno.
Giovanni Testori, da Per sempre, 1970.
(Poesie i cui versi sono formati da titoli di libri-
meglio se libri amati)
Lentamente nell’ombra
guardare ascoltando
figure.
Intrecci di voci.
Amore lontano.
Nessuna passione spenta.
I fili del tempo,
pensieri del tè.
Stanze,
soglie
sulla parola,
Abitazioni immaginarie,
Strada a senso unico.
Crolli
sotto i tigli,
cattivi pensieri.
La verità della poesia
prima della morte.
Come un talismano.
Penso e ripenso: - Che mai pensa l'oca
gracidante alla riva del canale?
Pare felice! Al vespero invernale
protende il collo, giubilando roca.
Salta starnazza si rituffa gioca:
né certo sogna d'essere mortale
né certo sogna il prossimo Natale
né l'armi corruscanti della cuoca.
- O pàpera, mia candida sorella,
tu insegni che la Morte non esiste:
solo si muore da che s'è pensato.
Ma tu non pensi. La tua sorte è bella!
Ché l'esser cucinato non è triste,
triste è il pensare d'esser cucinato.